Il McHuffingtonPost e i blogger non retribuiti

settembre 30, 2012 alle 5:58 PM | Pubblicato su Il nuovo mondo | 2 commenti
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Due riflessioni sullo sbarco dell’Huffington Post in Italia:

1) McHUFFINGTON-POST
Il primo aspetto interessante mi sembrano i formati tecnologici ed editoriali adottati. E’ la prima volta che in Italia viene implementato un sito di news solo online che è una vera e propria macchina da guerra per generare click e coinvolgimento degli utenti.
Certo, il merito è tutto dell’Huffington Post originale che negli anni ha messo a punto un Cms avanzatissimo dal punto di vista del Seo e dell’engagement (come ben sottolinea Pierluca Santoro).
Si tratta di un sistema nativo del web, che in questi anni ha saputo cavalcare e, spesso anche anticipare, le principali innovazioni online (l’HuffPo ha integrato Facebook al suo interno prima ancora che Mark Zuckerberg mettesse a disposizione questa funzionalità).

Su questo terreno fino ad ora avevano fatto poco sia le testate tradizionali (che di fatto sono “emigranti digitali”) sia i pure-player arrivati di recente (per motivi diversi tra loro come ho cercato di spiegare qui). L’unica eccezione, forse, è stata quella de “Il Fatto Quotidiano” online.

Dal punto di vista editoriale, poi, mi colpisce l’effetto network internazionale che i vari HuffPo nazionali posso generare. Ieri, per dire, sia nella versione italiana che in quella inglese era disponibile un bel post di Pedro Almodovar sulle manifestazioni a Madrid (pochi anni fa sarebbe stata un’esclusiva di un grande settimanale).
Tutto questo, ovvio, va di pari passo anche con l’esportazione di un modello giornalistico statunitense, in grado di mescolare alto e basso, scoop e gossip, inchieste da Premio Pulitzer e tanto “strano ma vero“. Insomma, un po’ come il McDonald ha cambiato le abitudini alimentari in giro per il mondo, anche l’HuffPo cambierà i nostri gusti informativi. A colpi di “splash“, reaction-bar e più blog per tutti.

2) BLOGGER NON RETRIBUITI
E veniamo alla seconda questione dei blogger non retribuiti, con una premessa doverosa: questo dibattito va ad inserirsi in un contesto italiano paludato da una brutta tradizione di sfruttamento e “mercato nero” dei giornalisti precari. Le loro preoccupazioni vanno sempre ascoltate e rispettate.

Ad ogni modo, mi sembra che anche qui sta avvenendo uno smottamento in atto già da molto tempo (anche Il Fatto, Linkiesta, Lettera43, Il Post non pagano i blogger), ma che l’arrivo dell’HuffPost ha riportato a galla.
Da anni il web da anni ha eroso il predominio delle opinioni che prima era appannaggio della tv e dei quotidiani. Facebook e Twitter hanno portato tutto ciò ancora più lontano.
Perché, quindi, scandalizzarsi se Lucia Annuzniata dice che, in questo nuovo contesto, le opinioni su fatti noti non possono essere più retribuite? Soprattutto se queste opinioni sono di personalità che NON vivono facendo giornalismo?
Prima dei blog e delle altre piattaforme 2.0, un giornalista che scriveva un articolo raccoglieva pareri, opinioni e fatti da diverse fonti. Telefonava, faceva domande, verificava quanto gli veniva riportato, gli dava un contesto. E, ovviamente, le fonti non venivano mai pagate.
Ora le fonti – da Vendola a Landini, passando per Fini e il Ministro Barca – scrivono direttamente online sull’Huffington Post. Lo può fare chiunque altrove, lo fanno anche loro (e, in parte lo facevano già da tempo sui rispettivi siti personali).
Questo vuol dire che non servono più giornalisti? Che non c’è più bisogno di qualcuno che raccolga, verifichi e contestualizzi quanto dichiarato? Ne dubito fortemente.
E poi, se davvero crediamo nella libertà di informazione, qualunque allargamento delle voci che partecipano al dibattito pubblico non può che essere che salutare per la vita democratica. L’importante è che tutto ciò venga accompagnato anche da contro-poteri, altrettanto influenti (e, si spera, retribuiti), in grado di fare luce su manipolazioni, false notizie e facili demagogie. Proprio per questo, ora più che prima, i giornalisti sono più importanti che mai.

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