Sciopero dei blogger e slacktivism

luglio 18, 2009 alle 5:02 PM | Pubblicato su parole 2.0 | 2 commenti

Beh, quello che scrive Enzo Di Frenna (via mantellini) era forse in larga parte prevedibile. Negli Usa da tempo si parla di slacktivism, ovvero l’attivismo da poltrona. Quello che inizia e finisce con un click e dura il tempo dell’adesione a un gruppo su Facebook, di una firma al volo sulle petizioni online.

In proposito, ci sono alcune interessanti riflessioni di Evgeny Morozov, che paragona lo slacktivism online all’effetto couch-potato della tv.

Ovviamente non basta questo a spiegare l’insuccesso della manifestazione di Piazza Navona. Credo che un altro limite sostanziale (contro cui mi sono arenato anche io, che pure ero profondamente favorevole alla protesta) era la definizione di “sciopero degli blogger“. Erroraccio: non ho mai incontrato qualcuno a cui facesse piacere essere presentato come “blogger” (a parte, ovviamente, chi vuole venderli i blog). Ogni qualvolta che noi giornalisti parliamo dei blogger come insieme, riceviamo sempre un mare di improperi. A ragione. Il blog è solo una tecnologia abilitante, così come lo è lo scrivere a penna su carta, il guidare la macchina. Avete mai sentito parlare di uno sciopero degli alfabetizzati? Tempo fa c’è stata la proposta dello “sciopero bianco degli automobilisti“, ma si è rivelato un clamoroso flop.

I Numerati

dicembre 16, 2008 alle 12:27 am | Pubblicato su Il nuovo mondo, parole 2.0 | 3 commenti

numeratiMille battute per una mini-recensione non fanno giustizia ad un libro che, nonostante l’andamento pop e molto raccontato, affronta un nodo cruciale di Internet. Giuseppe Granieri lo definisce “he mathematical modelling of humanity“, ovvero come le architetture sottostanti la rete (e quindi spesso invisibili) stanno cambiando il modo in cui l’uomo si osserva e si “progetta”. Non è la solita questione della privacy, ma una questione più “proattiva” e, se volete, tecno-determinista: come cambia il modo di lavorare, curarci, amare, quando le nostre competenze, passioni, malattie sono ossessivamente tradotte in numeri che scorrono dentro database? E che vengono analizzati, incrociati, sintetizzati dalla nuova leva di numerical literati (l’evoluzione dei digerati), per gli scopi più diversi (non solo di marketing)?

Di seguito la recensione uscita su il manifesto – Chips&Salsa. E non perdetevi le segnalazioni degli altri collaboratori ripubblicate da Visionpost

Intrappolati in un algoritmo

Stephen Baker – The Numerati (Houghton Mifflin)

Noi non li conosciamo ancora. Ma loro ci conoscono da tempo. Sanno chi votiamo, come lavoriamo, finanche il nostro stato di salute e le nostre preferenze sessuali. Se ci spiano è solo per il nostro bene: vogliono capire a quali “tribù” apparteniamo e così prevedere meglio le nostre scelte. Di chi stiamo parlando? Di un manipolo di matematici, informatici ed ingegneri assoldati dalle grandi aziende hi-tech (tra cui Google, eBay, Amazon) per interpretare ogni nostra traccia digitale lasciata in giro. E così dopo i digerati (gli utopistici digital literate della prima internet), ora è giunta l’era dei più pragmatici Numerati, la nuova cyber-élite di programmatori di cui parla Stephen Baker (giornalista del settimanale Business Week). Modelli matematici già testati in ambito scientifico (per prevedere il meteo) e finanziario (per l’andamento dei titoli) ora sono applicati anche agli esseri umani, con la promessa di ottimizzare i flussi lavorativi, diagnosticare in tempo una malattia e anticipare qualsiasi nostro desiderio. A quale costo, però?

Sorveglianza partecipativa

novembre 6, 2006 alle 4:56 PM | Pubblicato su parole 2.0 | 1 commento

Nicholas Carr parla di Crowdsourcing surveillance in merito all’avvio del Texas Border Watch Program, progetto con cui lo Stato del Texas intende sperimentare la videosorveglianza dal basso. Ogn cittadino statunitense, attraverso un’apposita password, potrà collegarsi al servizio e accedere allo streaming live di nove webcam poste lungo il confine con il Messico. Ecco come ha motivato la scelta al Del Rio News-Herald lo sceriffo Val Verde:

“You and I don’t have enough tax money to pay people to watch these cameras. This way, the whole world is watching. I’m very excited about it. I think it’s an idea whose time has come.”

Al primo sospetto, gli utenti potranno cliccare sul pulsante “Report Suspicious Activity” e segnalare così il caso alla polizia.

Walled Gardens

novembre 3, 2006 alle 1:43 PM | Pubblicato su parole 2.0 | Lascia un commento

Gapinvoid.com – Via Isen.blog

E’ davvero collettiva l’intelligenza del web 2.0?

ottobre 27, 2006 alle 9:35 am | Pubblicato su parole 2.0 | 2 commenti

Mio articolo pubblicato oggi su apogeonline.

La questione della partecipazione online è spesso sopravvalutata (e data per scontata). Cosa si può fare per incentivare la diversity e un maggiore coinvolgimento degli utenti?

Se lo chiede anche Scoble in questo post sull’engagement.

Parole 2.0: Homophily e Serendipity

ottobre 18, 2006 alle 3:34 PM | Pubblicato su parole 2.0 | 3 commenti

Social Software (IBM)Anche sul web sociale lo spirito di gruppo viene prima di tutto. Tendiamo cioè a consultare i blog e prendere parte a network di persone che hanno i nostri stessi interessi. Per spiegare questo fenomeno i sociologi parlano di homophily: si tratta di un comportamento determinato non solo dalla comunanza di interessi, ma anche da fattori demografici e, soprattutto, dalle esperienze condivise.
Su O’Reilly Radar Nat Torkington prova ad espandere il concetto di homophily al social networking e ai software automatizzati che prevedono i gusti degli utenti (per raccomandare notizie , risorse audio, amicizie).

Internet can lower the costs of finding people like you. But homophily raises the question for social software designers of how much they should encourage homophily and how much they want to mix it up. (…)
Designers first need to decide whether homophily is a a feature or a bug. Life is easy when you’re unchallenged

Se a livello aziendale sta diventando sempre più centrale il valore opposto, la diversity, come si può rompere il circolo vizioso della homophily sul web, il cui rischio intrinseco è l’omogenizzazione di gusti, interessi, conoscenze? Torkington suggerisce ai progettisti di software sociale di riabilitare la serendipity attraverso strumenti capaci di “sorprendere” gli utenti.
E cioè, da una parte, diventare sempre più precisi nel profilare le preferenze, e, dall’altra, favorire una navigazione pivotal: “tags, top ten lists, and Flickr’s interestingness measure are all ways to break people out of whatever group they’re in and take them to something new”. Quello che Ross Mayfield chiamaHuman Power Serendipity“.

Link:
Why Everyone You Know Thinks The Same As You – Washington Times
Homophily and social software design – O’Reilly Radar
Human Powered Serendipity – Ross Mayfield Blog

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