Twitter, il #terremoto e quegli anelli mancanti

Maggio 30, 2012 alle 12:12 PM | Pubblicato su Il nuovo mondo | 6 commenti

Ieri ho seguito le notizie del terremoto in Emilia con un occhio su Twitter e l’altro su Sky TG24. Alcune note sparse (e ancora poco ragionate), da sistemare meglio.

1) Notizie: ancora una volta i social media si sono rivelati una fonte indispensabile per ricevere aggiornamenti di prima mano dai luoghi più colpiti dal sisma. Soprattutto nelle prime ore dopo la scossa, quando nessuno, ad esempio, parlava della tragedia di Cavezzo. Non c’era nessun giornalista lì (erano tutti negli altri paesi colpiti dalla scossa del 20 Maggio) e in questi casi Twitter ha dimostrato tutto il suo potenziale di breaking news (oltre che di propagatore di bufale). Ma non è stato per nulla facile verificare i materiali che arrivavano: io ci ho provato senza successo. Alcune testate hanno preferito pubblicare senza troppi problemi le immagini trovate online (offrendo in alcuni casi un servizio poco accurato). Ma alla fine l’informazione migliore è arrivata solo quando i reporter delle grandi testate hanno finalmente raggiunto Cavezzo con le loro telecamere. La “macchina dell’informazione” sa ancora fare la differenza.

2) Aiuti: il passaparola ha funzionato alla grande. Nel mio piccolo ho monitorato soprattutto quello relativo all’offerta ospitalità su CouchSurfing. Ma anche qui, Internet sono presto emersi problemi. Come ha spiegato l’ideatore dell’iniziativa, “la protezione civile sta facendo un gran lavoro, ma svolge tutto in maniera autonoma (posti letto, cibo, assistenza malati), e da un lato è anche auspicabile. Ma per organizzazione e protocolli interni non contemplano l’aiuto dei volontari isolati“.
Lo spontaneismo della rete è encomiabile, ma se non ha un anello istituzionale che fa da sponda, diventa inevitabilmente autoreferenziale.
A quando la Protezione Civile sui social media? L’esempio INGV dimostra che quando un attore istituzionale usa bene gli strumenti online, tutti ci guadagniamo. Lo stesso dovrebbe valere anche per il coordinamento degli aiuti.

3) Mobilitazione: concordo che è stata molto più matura che in passato, ma anche qui ci ha messo poco a sfociare in derive per lo più auotoreferenziali e da #popolodellarete. E in quest’ultime includo sia l’ideologizzazione della tragedia che l’accanimento anti-sciacalli (come se la comunicazione maldestra Groupalia fosse l’emergenza del giorno)

4) Esperimenti: come in altre occasioni, anche questa volta la tragedia ha messo in moto tante energie. Segnalo l’elegante interfaccia realizzata da Simone Busoli che aggrega e aggiorna in tempo reale tutte le segnalazioni dell’INGV (è ormai diventata la pagina che consulto di più). Ma anche il progetto embrionale di un Crowdmap (Ushahidi) segnalato da Matteo Grandi. Soprattutto per il secondo, come insegna l’utilizzo di Ushahidi ad Haiti, la centralizzazione delle informazioni disperse sul web è un elemento da non sottovalutare durante gli eventi di crisi. Ma lo è ancora di più, trovare gli attori istituzionali che sappiano/possano utilizzare le info condivise.

Morale: Internet in Italia è ancora stretta tra “voglia di…” e “mancanza di...”. E come in tutti i sistemi a rete, a volte basta un solo anello mancante per vanificare lo sforzo di tanti “small pieces loosely joined

Sul tema segnalo anche le riflessioni di Serena Danna e Massimo Mantellini

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